O.L.F.A.

 

 

Quadro di Enzo Pasqui (1920-1998)

 

 

L’Osservatorio Letterario fa gli auguri ai suoi Collaboratori e Lettori con gli scritti di Umberto Pasqui dedicati alla

Direttrice della ns. rivista!

 

Az Osservatorio Letterario Umberto Pasqui, a Felelős igazgatónknak és főszerkesztőnknek ajánlott kis karácsonyi elbeszéléseivel kíván minden munkatársának és olvasójának szép karácsonyi és újévi ünnepeket!

 

Sul retro della cartolina del quadro di Enzo Pasqui (1920-1998),  nonno di Umberto Pasqui:

 

Natale 2006


La terra come il cielo


Ci si chiede spesso a che cosa servano le tante luci che brillano nelle nostre cittŕ. C’č chi le ritiene un inutile dispendio di energia, c’č chi storce il naso, preferendo una maggiore sobrietŕ. Ai bambini piace questo colorato sfavillěo che trasforma l’ambiente in cui abitano, agli adulti meno: incapaci di stupirsi, avanzano nel loro arido grigiore senza luce anche nei giorni che portano al Natale. Non tutti sanno, perň, che le luminarie festose hanno un motivo ben piů profondo. La terra ha sempre guardato dall’alto verso l’alto il cielo, sapendo che non l’avrebbe mai raggiunto. Ha sempre accettato che l’aria accoglie la leggerezza, mentre il suolo quanto pesa. Ha sempre sentito pregare un Dio che sta nei Cieli, rassegnandosi che solo lassů c’č dignitŕ. Ma un giorno Dio scese sulla terra. Fu bambino, crebbe, morě e risorse. La terra volle farsi cielo: non avendo stelle incastonate nella roccia, fece brillare miriadi di lampadine colorate.



 

 


Natale 2003


Il sentiero era chiaro


Il sentiero era chiaro e ben tracciato, sicché il mio passo non aveva dubbi; sapevo dove andare, perché era lŕ che dovevo andare. Ma, se vuoi, ti spiego per bene la mia storia. Ero in coda per registrare me e la mia famiglia (una moglie e tre figli, due dei quali ancora parlano a stento) per il censimento voluto dai romani. L’ufficiale che mi ascoltň sapeva poco la mia lingua e lo scriba aveva trascritto il mio nome in maniera sbagliata. Lo corressi, suscitando in lui un po’ di disappunto. E’ stato un giorno pesante, quello, che quasi del tutto passai nell’attesa di pronunciare il mio nome e quello dei miei familiari all’ufficiale di Roma. Io non ho mai visto Roma, ma se dovessi giudicarla in base ai suoi abitanti che ha spediti qua nella mia regione, la reputerei raffinata e curata: se tutti i suoi cittadini sono puntigliosi e curiosi come le guardie che stanno qua, quella davvero č una cittŕ potente. Ogni tanto guardo in faccia questi romani; mi sembrano cosě disorientati, cosě soli… Ostentano forza ma, secondo me, soffrono moltissimo la distanza, enorme, dalla loro cittŕ e dai loro amici. Non dovrei pensare queste cose, lo so, sono tutti pagani, pubblicani, dovrei disprezzarli ma… Come si fa… Basta guardarli in faccia! L’ufficiale che mi poneva le domande, in particolare, mi faceva grande tenerezza. Aspettai che il turno fosse finito e che tutti i miei concittadini fossero in procinto di tornare a casa, sapevo, infatti, che ormai il giorno era perduto. Avevo poi dato disposizione a mio fratello di guardare, con le sue, alle mie pecore, dodici in tutto. Quindi non mi costavo molto stare un altro po’ in attesa. Lo scriba s’alzň salutando l’ufficiale che si sedé, stanco, sul seggio rileggendo i nomi raccolti nel lungo giorno invernale. M’accertai che nessuno fosse nelle vicinanze, per non dare scandalo, e m’avvicinai. Lo salutai, s’insospettě, chiuse di scatto il suo librone di nomi e numeri e s’alzň. Parlai un po’ nella sua lingua che conosco appena. Cambiň espressione: il suo volto si distese, quasi in un sorriso. Sentire qualcuno che, a cotanta distanza, parla la tua lingua riempie il cuore di calore e serenitŕ. Aveva capito, e sapeva, che io romano non sono: s’incuriosě, non capiva perché un ebreo avesse voluto avvicinarsi a lui per parlargli. Forse aveva bisogno di un amico. Si guardň intorno e mi sorrise. Capii che sentiva freddo e lo invitai, a gesti, a casa mia. Se solo mi avessero visto i sacerdoti… Egli mi seguě ed entrammo in casa, tra gli sguardi costernati dei parenti. Mio fratello imprecň contro di me e le mie idee malsane, poi si scusň, dicendo che era preoccupato per sua moglie. Mia cognata giaceva malata a letto. Mia moglie non parlava: aveva paura dello straniero. Mio figlio maggiore era divertito dalla scena ed incuriosito dalla preziosa veste del soldato. Tutti convenemmo che era cosa giusta non raccontare a nessuno questa storia. La mia casa accoglieva un ufficiale romano. Calň la notte sulla cittŕ e Livio (cosě disse di chiamarsi l’ufficiale) mi riferě che era sua intenzione tornare all’accampamento. Lo accompagnai fuori dall’uscio e vedemmo un bagliore poco al di sopra dell’orizzonte, una stella molto piů grossa delle altre. Ci guardammo negli occhi e comunicammo con lo sguardo che sentivamo entrambi il bisogno di seguire quella luce. Né io né lui sapevamo il perché, ma dovevamo andare. Rischiavamo entrambi: io dovevo lasciare la famiglia, i bambini, la cognata malata, il fratello apprensivo; l’ufficiale, da disertore, andava incontro a un pessimo destino. Entrambi rischiavamo, perché vedere un ebreo e un romano che passeggiano di notte non č cosa ritenuta giusta. Uscimmo dalla cittŕ, dirigendoci verso la stella grandissima. Il sentiero era chiaro e ben tracciato, sicché il nostro passo non aveva dubbi; sapevamo dove andare perché era lŕ che dovevamo andare.

 

 

 

 

 

Buon Natale e Felice Anno Nuovo!

 

Kegyelemteljes karácsonyi ünnepeket

és áldásos, boldog új esztendőt!

 

Link:

ADVENT - B. Tamás-Tarr Melinda: Advent - A Mikulást várva KARÁCSONY - Ady Endre: Karácsony - Karácsony fényei, karácsonyi ágak - Olaszországban nem lenne karácsonyfa?Székács László: Názáretből

 

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